Disturbo ossessivo compulsivo: caratteristiche cliniche e trattamento

la mente ossessiva

Tutti conoscono alcuni lievi fenomeni ossessivo- compulsivi. Per esempio, al momento di partire per una vacanza. “Ho chiuso bene la porta di casa? Ho spento gli apparecchi elettrici?” Sono pensieri che di solito generano una certa agitazione, ma che di regola si risolvono da soli ed in fretta dal momento in cui rivolgiamo la nostra attenzione ad altre cose. Parliamo di un Disturbo ossessivo compulsivo (DOC) solo quando questi pensieri si presentano in continuazione, determinando un comportamento a sua volta ripetitivo. 

Chi soffre di un disturbo ossessivo- compulsivo è «costretto» a compiere complicati rituali per placare la sua ansia quindi ad esempio chi soffre di un DOC potrebbe avere difficoltà a partire in vacanza perché tenderebbe a dover controllare parecchie volte la sua casa secondo uno schema ben determinato. In automobile avrebbe cercato di ricostruire mentalmente i suoi ultimi passi e le osservazioni fatte durante il controllo. Qualcuno sarebbe tornato a casa per accertarsi se tutto è in ordine. Quanto più uno controlla, tanto più insicuro diventa, perché i dubbi si moltiplicano. Inoltre, vive queste modalità di controllo come assurde e disturbanti. 

Secondo la classificazione del DSM 5, il disturbo ossessivo compulsivo, è un disturbo caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o compulsioni e colpisce circa il 2-2,5% della popolazione generale. In Italia, sono circa 800.000 le persone colpite da disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

È un disturbo che si cronicizza, anche se con fasi altalenanti di miglioramento e di peggioramento, ma a volte si aggrava fino a compromettere il funzionamento in diverse aree di vita.

Il soggetto si sente spesso obbligato ad agire o pensare nel modo sintomatico e per questo cerca di contrapporsi e di resistere. Nonostante cerchi di contrastare e nascondere le sue azioni o i suoi pensieri, questo sforzo non lo aiuta affatto a modificare il proprio comportamento.

Il sintomo centrale è la presenza di ossessioni e compulsioni o sole ossessioni, per un tempo significativo della giornata (un’ora o più al giorno) che interferiscono con le attività del quotidiano (lavoro, studio, vita di relazione, cura della casa o dell’igiene ecc.).

La presenza di ossessioni e compulsioni comporta una marcata sofferenza, compromette il normale funzionamento sociale e lavorativo del soggetto e non è meglio giustificata da altri disturbi d’ansia o da malattie psichiatriche dovute a condizioni mediche generali.

I sintomi del DOC sono caratterizzati da:

  • ripetitività, frequenza e persistenza della attività ossessiva (i pensieri intrusivi si ripresentano alla mente con frequenza e permangono in modo duraturo e continuo, la mente si sente sotto assedio).
  • la sensazione che tale attività sia imposta e compulsiva.

Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini che insorgono improvvisamente nella mente e che vengono percepiti come:

  • Intrusivi: la persona ha la sensazione che “irrompano da soli” o che siano indipendenti dal flusso di pensieri che li precede.
  • Fastidiosi: la persona sperimenta disagio per il contenuto o per la frequenza.
  • Privi di senso: la persona ha la sensazione che siano irrazionali, esagerati o comunque non giustificati o poco legati alla realtà presente.

La presenza dei sintomi è vissuta con sofferenza e disagio per diverse ragioni:

  • Le ossessioni sono presenti in modo costante e ripetuto e non lasciano tregua: gran parte della giornata è occupata da immagini, pensieri e/o idee che non lasciano spazio per dedicarsi ad altro e rendono il soggetto esausto.
  • Il contenuto delle ossessioni è minaccioso e genera preoccupazione: le idee e i pensieri ossessivi sono ansiogeni perché riguardano il timore di essere esposti a un pericolo (“potrei infettarmi”, “potrei far danneggiare qualcuno”, “potrebbe esplodere la casa e tutto il palazzo”) e di essere in qualche modo responsabili e colpevoli di tale pericolo, rendendosi persone immorali, cattive o pericolose (“sarebbe colpa mia”, “non ho fatto quando in mio dovere per proteggere i miei famigliari”).
  • Un’idea ossessiva, però, può essere problematica anche per il fatto stesso di essere stata pensata: ad esempio, il soggetto può essere ossessionato da pensieri erotici o da bestemmie.

Chi soffre del disturbo di solito nasconde le proprie preoccupazioni: percepisce i suoi comportamenti e pensieri come assurdi e inquietanti e se ne vergogna.

Espressioni frequenti in chi soffre di DOC sono: “Non capisco perché mi comporto in questo modo”, “Forse sto diventando matto!”.

Una grande parte della sofferenza di chi soffre di DOC dipende proprio dal fatto di rendersi conto della esagerazione o irrazionalità dei propri timori e dei propri comportamenti; questa consapevolezza spinge a contrastare ossessioni e compulsioni, con effetti che generalmente aggravano i sintomi e la sofferenza.

Il DOC si manifesta con sintomi e fenomeni eterogenei. In letteratura si trovano una grande varietà di classificazioni e categorie di DOC, ma sulla base del tipo di ossessioni e compulsioni che si presentano, è possibile individuare alcuni sottotipi principali:

Disturbo ossessivo compulsivo da controllo:In questo tipo le ossessioni e le compulsioni implicano timori ricorrenti e controlli protratti e ripetuti, correlati al dubbio di aver dimenticato qualcosa o di aver fatto un errore o danneggiato qualcosa o qualcuno inavvertitamente.Chi soffre di questo tipo di disturbo arriva a pensare che una propria azione o omissione sia causa di disgrazie.

Esempi di controlli tipici riguardano aver chiuso la porta di casa, il gas o l’acqua, aver contato bene i soldi o non aver scritto parole blasfeme.

Disturbo ossessivo compulsivo da contaminazione: si tratta di ossessioni connesse al rischio di contagi o contaminazioni e compulsioni di pulizia.

Le persone che ne soffrono sono ad esempio tormentate dall’insistente preoccupazione che loro stessi o un familiare possa ammalarsi entrando in contatto con qualche invisibile germe o sostanza tossica.

Agenti “contaminanti” comprendono sostanze come urine, sangue, sudore, saponi, solventi e, per generalizzazione, tutti gli oggetti o persone potenzialmente veicolo di queste sostanze.

Il contatto con la sostanza temuta è seguita da rituali tesi a neutralizzare la contaminazione (ad esempio rituali di lavaggio ripetuto delle mani, dei vestiti o di oggetti personali).

Disturbo ossessivo compulsivo da ordine e simmetria: si manifesta come intolleranza al disordine o all’asimmetria. Libri, fogli, penne, abiti ecc devono risultare perfettamente allineati, simmetrici e ordinati secondo una precisa logica (es. dimensione, colore). Quando il paziente percepisce asimmetria o disordine si impegna anche per molte ore a riordinare questi oggetti, fino a sentirli “a posto”. Le ossessioni di ordine e simmetria possono riguardare anche il proprio corpo (es. pettinatura dei capelli, abiti).

Disturbo ossessivo compulsivo da superstizione eccessiva:manifesta pensieri superstiziosi portati all’eccesso. L’esito degli eventi viene legato al compimento di certi gesti, alla visione di certi oggetti e/o colori, al suono di determinati rumori. Per annullare un effetto negativo, il soggetto affetto da disturbo ossessivo compulsivo da superstizione eccessiva deve mettere in atto il “giusto rituale”, adattato in base alla situazione che gli ha arrecato lo stato di ansia, e ripeterlo il numero di volte adeguato per evitare qualche disgrazia (ad esempio, fare una preghiera per 3 volte dopo aver visto un’immagine ritenuta negativa).

Ossessioni relative a pensieri tabù (ossessioni aggressive, sessuali, religiose):Il soggetto che soffre di questo tipo manifesta pensieri ossessivi riguardanti l’avverarsi di situazioni altamente improbabili, ma che gli risulterebbero intollerabili. Il contenuto di tali ossessioni spesso può essere a sfondo religioso, sociale o sessuale.

Esiste un’ampia letteratura scientifica che individua nell’investimento sulla protezione dalla colpa o in un suo elemento, un esagerato senso di responsabilità, un fattore centrale nello sviluppo del disturbo ossessivo compulsivo. Esistono ampie evidenze empiriche e cliniche che il timore di colpa e l’elevato senso di responsabilità predicono la tendenza ad avere ossessioni e compulsioni e che la manipolazione della responsabilità influenzi l’intensità e la frequenza di comportamenti ossessivi sia nei pazienti che in campioni non clinici.

Normalmente le ossessioni e le compulsioni, una volta presenti, non scompaiono da sole. Ci sono modi inadeguati di affrontarle che involontariamente le rafforzano, in particolare, la tendenza a voler evitare. L’evitamento impedisce di imparare che non capita nulla se non mettono in pratica i rituali. È proprio l’evitamento a far sì che le ossessioni e le compulsioni si presentino con maggiore intensità e frequenza. 

Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) tende a cronicizzarsi, seppure con fasi di miglioramento che si alternano a fasi di peggioramento, raramente il suo decorso è episodico.

Considerando che di solito l’esordio è in età giovanile, si tratta di un disturbo che colpisce prevalentemente persone giovani, dunque con una lunga aspettativa di vita.

Questo amplifica le conseguenze negative in termini di costi e compromissioni implicate.

Dal punto di vista personale il disturbo ossessivo compulsivo può avere gravi conseguenze in termini di costi esistenziali: poiché di solito colpisce in giovane età, rischia di compromettere il corso di studi, la possibilità di lavorare, la normale vita di relazione.

Ad esempio spesso le persone con disturbo ossessivo compulsivo (DOC) impiegano molto più tempo a diplomarsi o laurearsi, a volte addirittura rinunciano; nel lavoro spesso devono accontentarsi di mansioni di bassa responsabilità.

Il disturbo ossessivo compulsivo, dunque, riduce notevolmente le capacità di realizzazione esistenziale, riflettendosi negativamente anche sulla qualità e sulla durata delle relazioni amicali e affettive (il 50% dei pazienti non è in grado di mantenere un rapporto di coppia).

Dal punto di vista sociale, il fatto che il disturbo tenda a cronicizzare implica costi alti e prolungati in termini di assistenza e di capacità di lavoro (le persone affette da DOC sovente lavorano in modo discontinuo e poco produttivo).

Una terza e frequente conseguenza del disturbo è un peggioramento della vita anche dei familiari: la persona può avere sintomi cosi pervasivi da diventare invalidanti non solo per sé, ma anche da impedire il normale funzionamento della vita dei familiari.

Ad esempio i congiunti spesso sono direttamente coinvolti nelle compulsioni o chiamati continuamente in causa con ripetute richieste di rassicurazione circa il contenuto delle ossessioni. Il coinvolgimento nei sintomi può essere estenuante per i familiari e questo, con il passare del tempo, può anche peggiorare la qualità delle relazioni.

Le linee guida internazionali indicano nella terapia farmacologica e nella terapia cognitivo-comportamentale i trattamenti più efficaci.

La terapia cognitivo-comportamentale è finalizzata a breve termine a ridurre la quantità e la frequenza dei sintomi e, più a lungo termine, a rendere il soggetto meno vulnerabile ai temi e ai meccanismi cognitivi che hanno contribuito alla genesi e al mantenimento del disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

BIBLIOGRAFIA e suggerimenti per approfondimenti:

Ansia e disturbi d’ansia

“L’uomo è forse la creatura più timorosa che ci sia, poiché alla paura elementare dei predatori e dei membri della sua stessa specie, si aggiungono le paure esistenziali portate dal suo stesso intelletto”. 
Eibl-Eibesfelt

L’ansia è un fenomeno normale di cui tutti facciamo esperienza in continuazione seppure in misura e con frequenza molto variabile; è una dimensione inevitabile del vivere umano con cui è necessario confrontarsi quotidianamente. 

L’ ansia è l’emozione provata di fronte a una sensazione di minaccia reale (es. minaccia alla persona) o figurata (es. minaccia all’autostima). È una risposta normale e innata di attivazione, caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione che ha l’obiettivo di prepararci ad affrontare il pericolo percepito predisponendoci a una risposta di attacco o fuga.

L’ansia è avvertita come sensazione di attesa di qualcosa d’indefinito e spiacevole, una sorta di incombenza minacciosa, una irrequietezza psichica non identificabile e definibile con precisione.

La reazione d’allarme non è esclusivamente una peculiarità dell’uomo; si ritrova anche negli animali. Nell’animale tutti i cambiamenti fisici (aumento della vigilanza, aumento del battito cardiaco, ecc.) sono utili per un comportamento di attacco o di fuga.  In altre parole, di fronte ad una minaccia o pericolo l’animale mette in atto una serie di modificazioni fisiche che sono funzionali ad affrontare la minaccia o tramite l’eliminazione diretta del pericolo (attacco) o tramite l’allontanamento dalla minaccia (fuga).Ciò fa capire l’importanza della reazione di allarme come condizione che facilita la sopravvivenza dell’animale.

Anche nell’uomo l’ansia, la reazione di allarme, ha un’importante funzione adattativa. E’ infatti, ormai, ampiamente dimostrato, il rapporto tra ansia e prestazione. A livello minimo di ansia la prestazione è praticamente nulla. Con l’aumentare dell’ansia aumenta la performance, migliora la qualità della prestazione fino ad un livello ottimale. Semmai è l’ulteriore aumento dell’ansia che comporta effetti negativi sulle prestazioni che decrescono progressivamente fino al punto di massima ansia che corrisponde all’impossibilità di ogni prestazione e alla paralisi. Entro certi limiti l’ansia, quindi, è utile, anzi, necessaria. L’ansia cessa la sua funzione positiva quando è troppa, quando non è più utile e, quindi, diviene negativa per l’individuo. In sintesi quindi l’ansia fisiologica ci prepara ad affrontare in maniera adattiva una possibile situazione difficile mentre l’ansia patologica è disfunzionale perché, essendo persistente e intensa, interferisce con la nostra prestazione, e può essere associata a eventi neutri, che non sono realmente pericolosi.

Ma quali sono i sintomi dell’ansia?

I sintomi dell’ansia posso essere suddivisi in tre categorie:

  • sintomi psicologici dell’ansia: forte apprensione, nervosismo, alterazione della memoria e della concentrazione, rimuginio e preoccupazione, insicurezza e timore;
  • sintomi fisici dell’ansia: dovuti a una iperattivazione neurovegetativa, sono costituiti da palpitazioni, tachicardia, ipersudorazione, spasmi alla gola, dispnea, vertigini, bisogno frequente di urinare, sintomi gastroenterici, insonnia con difficoltà ad addormentarsi e risvegli frequenti;
  • tensione motoria: tremori, irrequietezza, agitazione, facilità a sussultare, contratture muscolari, cefalea tensiva.

È possibile distinguere diversi tipi di ansia:

  • ansia automatica: risposta innata a un pericolo interno o esterno;
  • ansia acquisita:
    • ansia anticipatoria: ha breve durata ed è scatenata da un segnale reale o immaginario, identificabile, associato con il pericolo;
    • ansia generalizzata: è una sensazione di tensione durevole non associata a stimoli particolari;
    • attacchi di panico: sono attacchi d’ansia intensi che si risolvono rapidamente, durante i quali si prova un improvviso senso di grave pericolo (es. paura di morire, paura di impazzire, paura di perdere il controllo). Sono caratterizzati da un’attivazione somatica molto marcata, con sintomi fisici intensi quali palpitazioni, fame d’aria, vertigini fino ad arrivare a un senso di estraneamento dalla realtà.

Nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (quinta edizione; DSM–5; American Psychiatric Association, 2013) vengono classificati come disturbi d’ansia i seguenti disturbi:

  • Disturbo d’ansia da separazione
  • Mutismo selettivo
  • Fobia Specifica
  • Disturbo da ansia sociale
  • Disturbo di panico
  • Agorafobia
  • Disturbo da ansia generalizzata
  • Disturbo d’ansia da condizione medica
  • Altro disturbo d’ansia specifico
  • Disturbo d’ansia non altrimenti specificato

È possibile diagnosticare un disturbo d’ansia solo quando si è accertato che i sintomi di ansia non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o farmaco o a un’altra condizione medica, oppure non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.

Molti disturbi d’ansia si sviluppano in età infantile e tendono a persistere quando non curati. 

L’ansia è un’emozione che tutti quanti abbiamo provato di fronte alla percezione di una minaccia, ma questo non implica necessariamente che in seguito si sia sviluppato un disturbo d’ansia. Normalmente quando proviamo ansia mettiamo in atto delle strategie per ridurre o eliminare la minaccia, ripristinando in questo modo la precedente situazione di normalità.

Il trattamento elettivo per la cura dei disturbi d’ansia è la psicoterapia cognitivo comportamentale, che può essere associata a un trattamento farmacologico.

SOS EMOZIONI

Pubblico in questo spazio un mio intervento svolto alla biblioteca di Lastra a Signa all’interno di un ciclo di incontri volti alla promozione del benessere psicologico.

Spero sia un interessante viaggio volto a scoprire il mondo delle emozioni.

liberamente-

Tristezza e depressione.. quali differenze?

Pubblico in questo spazio un mio intervento fatto qualche anno fa sul confine tra tristezza e depressione.

Ricordo che spesso la depressione e la tristezza spesso nel linguaggio quotidiano vengono usate come sinonimi. In realtà la depressione come la maggior parte dei disturbi psicologici nasce da un emozione di base che in qualche modo diventa persistente. L’emozione da cui si origina la depressione è la tristezza e l’umore depresso è solo uno dei sintomi della depressione. Sentirsi tristi di tanto in tanto è parte della nostra esperienza quotidiana. A differenza della normale “tristezza”, la depressione è un insieme di sintomi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno. Nelle slide di questo seminario si propone di dare informazioni sulla natura, i sintomi e il trattamento della depressione.

Tristezza-e-Depressione-presentazione-4

Le caratteristiche della psicoterapia cognitivo comportamentale

Il mio modello teorico di riferimento nella pratica psicoterapeutica è l’approccio cognitivo comportamentale.

La terapia cognitivo comportamentale (Cognitive-Behaviour Therapy, CBT) è attualmente considerata a livello internazionale uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici.

Tale approccio postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti evidenziando come i problemi emotivi siano in gran parte il prodotto di credenze disfunzionali che si mantengono nel tempo, a dispetto della sofferenza che il paziente sperimenta e delle possibilità ed opportunità di cambiarle, a causa dei meccanismi di mantenimento.

Nell’interpretazione della condotta umana la terapia cognitiva ricorre, ove possibile, alla spiegazione più semplice che spesso coincide con il recupero del senso comune.

La teoria di fondo, sottolinea l’importanza delle distorsioni cognitive e della rappresentazione soggettiva della realtà nell’origine e nel mantenimento dei disturbi emotivi e comportamentali.

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali.

La CBT ha assunto il ruolo di trattamento d’elezione per i disturbi d’ansia, così come attestano recenti documenti diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

La terapia cognitivo comportamentale si caratterizza per le seguenti peculiarità:

  • È SCIENTIFICAMENTE FONDATA: L’intervento clinico è strettamente coerente con le conoscenze sulle strutture e sui processi mentali desunte dalla ricerca psicologica di base. 
  • È ORIENTATA ALLO SCOPO: Il terapeuta cognitivo-comportamentale lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della terapia. 
  • È PRATICA E CONCRETA: Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti
  • È COLLABORATIVA: Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi. La CBT è, infatti, una psicoterapia sostanzialmente basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione e nella messa in discussione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che attanagliano il paziente.

Mai sentito parlare di emetofobia o paura del vomito?

L’emetofobia (dal greco emein= vomito, fobos=paura) è una paura specifica ancora poco studiata e indagata ma abbastanza diffusa.

Chi soffre di ematofobia ha paura di vedere gli altri vomitare e/o di vomitare lui stesso. La preoccupazione per il vomito diventa eccessiva e invade il soggetto. Ogni sintomo di malessere viene subito interpretato come un segnale che porterà di lì a poco la persona a vomitare. Questo spesso porta la persona con emetofobia a controllare ogni minimo sintomo del proprio corpo e soprattutto dello stomaco, diventando ipersensibile a qualsiasi segnale riesca a captare.

L’atto del vomito viene vissuto dai soggetti come pericoloso perché causa di perdita di controllo, malattia, debolezza o qualcosa che gli altri potrebbero trovare ripugnante. La paura del vomito porta i soggetti ad evitare una vasta gamma di situazioni o attività che si crede potrebbero aumentare il rischio di vomitare o di vedere vomitare altri. Questi includono ad esempio la vicinanza con ubriachi; andare sulle giostre del luna park; essere vicino a persone malate; viaggiare in barca; andare in vacanza all’estero; viaggia in aereo; bere alcool, andare in luoghi affollati o con i mezzi pubblici o mangiare certi cibi. Molte donne con la fobia del vomito hanno evitato di rimanere incinta o affrontano tale evento con enorme disagio.

I soggetti mettono in atto alcuni comportamenti protettivi per evitare di correre il rischio di vomitare come mettere in atto eccessive pratiche igieniche; controllare la salute di se stessi e gli altri; cercare rassicurazione sul fatto che gli altri sono malati o potrebbe essere malato; assumere farmaci antinausea. Tutti i comportamenti di evitamento e protettivi vengono messi in atto dai soggetti per gestire l’eccessiva paura mantengono in realtà il problema e creano una compromissione significativa nella qualità di vita.

L’approccio cognitivo comportamentale, che si rivela particolarmente efficace nel trattamento dei disturbi d’ansia, è altrettanto valido per questa specifica condizione. La terapia è mirata, dopo una valutazione specifica del caso, a migliorare la gestione dell’ansia per il vomito e la qualità di vita.